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RIPARO

Exhibition

I tesori scoperti e creati da Guendalina Salini, accompagnati dai testi di Giulia Anita Bari e di Silvia Litardi e dalle parole raccolte da Marco Stefanelli,  indagano il concetto di riparo come spazio pre-architettonico, la forma più embrionale di protezione dell'uomo. In questo senso il tappeto - tema centrale dell'esposizione - risponde alla primitiva esigenza dell’uomo di riscaldarsi, di proteggersi, di riposare, di avvolgere i defunti o di contenere i beni durante gli spostamenti. Ma soprattutto è un perimetro sacro, uno spazio protetto contro la precarietà e l’ignoto.

 

Il tappeto è la casa di chi non ha dimora: ha attraversato millenni e abbracciato numerose popolazioni, partendo dalle tribù nomadi e arrivando fino ai giorni nostri. La mostra si apre proprio con un’installazione site-specific di tappeti realizzati con materiali diversi, con spezie colorate e profumate, dalle molteplici trame e disegni che rievocano diverse culture e tradizioni.

L'istallazione a muro di piccoli ripari personali di creta è invece il frutto di un workshop di auto-narrazione e sperimentazione sonora con giovani e adulti di diverse nazionalità. Il laboratorio è stato costruito in tre fasi: una prima fase di scoperta e narrazione individuale attraverso il gioco, una seconda di analisi di ciò che è per noi - o per la nostra comunità - un "riparo" ed una terza legata alla manipolazione e creazione attraverso la creta.

voci dalla tendopoli.jpg

A questo momento interiore è seguita una fase in esterno: piccoli gruppi si sono organizzati per raccogliere le voci del quartiere San Lorenzo, costruendo un tappeto sonoro che - attraverso delle piccole casse interne ai manufatti di argilla - ha dato voce ad ogni singolo riparo dando vita allo stesso tempo ad un coro.

La parte video è stata arricchita da due proiezioni dedicate ai tempi della precarietà abitativa. Tra queste una video-installazione in una vecchia valigia di cartone dedicata a Sekine Traorè, giovane bracciante del Mali ucciso nella tendopoli di Rosarno.

 

Infine lo spettatore è invitato alla visione del il film cortometraggio “La città e il cielo” in cui viene raccontata la storia di un gruppo di uomini e donne di diversa età e origine geografica che si ritrovano tra le rovine di un borgo abbandonato, nell’Aspromonte in Calabria, e tentano di “fare casa”, riparare e ritessere un senso di comunità.

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